E non sapevi a che ora ci
fosse il tramonto che avviene quando il sole si fa rosso e la luce
piega le ombre più lunghe verso est.
Qualcosa galleggia
sull'acqua d'un grande fiume, reso impetuoso dalle recenti piogge.
Nell'aria umida e pesante il sentiero è ricoperto di foglie
secche che stanno marcendo. Poco prima della cataratta c'è un
piccolo attracco per le ultime barche furtive che provengono dalla
foresta sul far della sera. Mentre la luce scappa dietro le colline
si alza una silenziosa coltre di nebbia dalla sponda degli elfi. Il
Sunc scorre beato e possente nel suo letto d'acqua, turbina giallo il
fango, laggiù c'è il boato della cascata e io lo sento,
lo chiamo. Sto seduto accosto a un ontano, aspetto, forse verranno.
Loro mi chiamano il Signore della Briciole, perché sono quelle
che io offro loro, poche briciole di luce invece della soffocante
oscurità da cui provengono. Io sono il Guardiano della Porta,
loro mi odiano ma non possono fare a meno di me. Anche solo uno
scricchiolio di passi basta a destare la mia attenzione concentrata,
volto la testa e lo vedo, ha stivali grossi per camminare nella
foresta, gli orli del lungo mantello gocciolano d'acqua, sotto
il cappuccio due occhi neri scintillano con le lacrime.
-Egli non volle
saltare...- e stende il braccio indicando l'imbarcazione che
volteggia sopra la corrente ormai prossima alla forra e, se
possibile, la cascata romba ancora più cupa, quando resta solo
la nebbia buia da vedere.
-Oh, un elfo femmina
della Corte Oscura- dico con meraviglia, mi alzo e mi avvicino, lei
richiude il mantello sul corpo sinuoso e abbassa il capo. Emana un
lucore rossastro.
-Il tuo compagno
preferisce i gorghi della corrente di Sunc alle tue tiepide carezze?
-Egli mi accompagnò
alla sponda vostra, ma non intese mai lasciare la Corte Oscura, solo
non poté tornare al popolo che altrimenti avrebbe svelato il
mio approdo...-
-Sicura che non vi
abbiano seguiti?-
-Non sentii alcuno sul
nostro cammino.-
-Conosci le regole?-
-Che se avessi seguito il
Signore delle Briciole non avrei più fatto ritorno alla Corte
Oscura.-
-...e poi?-
-Che sarei un giorno
morta.-
-Allora hai portato
l'offerta?-
-La presi... vedesti?-
Apre le lunghe dita affusolate e sul palmo della mano vedo un'ampollina con un liquido trasparente.
-Ecco... metti via.
Dobbiamo spostarci di qua, siamo troppo in vista.-
Iniziamo a camminare
lungo la riva in direzione della corrente, guidati dal fragore della
cataratta che aumenta sempre più, il cielo arrossa tra i rami
neri e spogli. Mi giro a guardare l'elfo, mi sembra affaticato il suo
lucore rosso sta svanendo, si sorregge ai rami e ai tronchi per
procedere.
-Come va?-
-Sentii la forza del mio
popolo abbandonarmi ma ce la.... la faccio... oh! io parlo a..
adesso!-
-Benvenuta nel presente
elfo donna... come ti chiami?-
-Io... io mi chiamo
Ihmarra... questo è il mio presente?-
-E già... anche il
mio e di tutti noi umani, infatti.-
-Anche il tuo?-
-Sì, stiamo
vivendo adesso nello stesso presente.-
-Ouh!- Ihmarra spalanca
gli occhi neri e profondi come il buio, che ha abbandonato per
seguire la luce.
Allora mi volgo alle
spalle e vedo sull'alto della riva rocciosa tre di loro che guardano
in basso verso di noi, stanno fermi non hanno l'aria minacciosa ma
solo intensa, piena di apprensione. Fissano Ihmarra, probabilmente la
stanno chiamando. Lei si mette a correre tra cespugli e rami bassi
come un animale spaventato, il mantello le si impiglia e scivola via
lasciando libero il corpo fasciato di nero e rosso dai suoi abiti
stretti.
-Ihmarra! aspetta, non di
là!- La prendo per mano e la riconduco giù dalla riva
verso il sentiero. I ciottoli bianchi della strada battuta riflettono
la luce della luna nascosta tra gli alti rami della foresta. Altri
passi ancora dietro di noi e odore di cavallo. Dall'ombra figure
avanzano sulla strada ma noi continuiamo tranquilli. Dove il sentiero
gira ecco sono in vista: un signore avvolto nella sua mantella
cavalca al fianco di un troll delle Case di Legno, due mastini ci
affrontano latrando.
-Lasciali stare Bruno!...
sono amici- dice il signore a cavallo senza voltare lo sguardo.
-Se fossero nemici mi
avrebbero già ucciso... con delle guardie del corpo come
voi...- brontola tra sé.
-Forse sono solo due
innamorati sorpresi dal buio lungo la riva del romantico Sunc, forse
un elfo fuggiasco e la sua guida ah aha aha...-
Ihmarra ha uno scatto, ma
io la guardo negli occhi e le faccio il segno di tacere.
-... dicono che esistano
da sempre -riprese con la voce rauca- ma qualche volta muoiono, essi
sono i mainati e finché stanno nelle terre dei loro confini
possono vivere per molte ere. Sono divisi in due schiere. Gli Elfi
della Luce, tante volte li scambi per riflessi o abbagli, vivono nel
futuro, scompaiono al tramonto. E poi c'è la Corte Oscura, che
anela alla luce, vive al passato remoto. Ecco... è al
tramonto che puoi incontrarli, li riconosci perché emanano uno
speciale lucore rossastro che si affievolisce quando si allontanano
da casa...-
Il signore a cavallo
cerca lo sguardo di Ihmarra e sorride pensoso.
-Noi si sale di quassù,
adesso, gentile signore...- dico io in tono di ringraziamento.
-Fate la buona strada
ragazzi, che non si confonda l'alba col tramonto... aha ahah.-
Si sale ancora un po',
sulla collina non ci sono più alberi, la volta del cielo si
spalanca da ogni lato, le acque del Sunc sono un lieve profumo nella
brezza.
-Briciole... Tutto pieno
di briciole di luce! - esclama Ihmarra stendendo le braccia in alto.
Inspira a pieni polmoni
la meraviglia del cielo notturno, dove miliardi di stelle non possono
che ridestare in lei l'illusione del sole.
Stringo nella mano
l'ampolla che è la paga di una lunga giornata.
Nel buio della mia casa
risuonano passi ormai lontani da lei. Distillo quelle poche gocce
nelle mie palpebre tremanti e scompaio nelle tenebre.