giovedì 22 settembre 2011

Evelina e l'Impossibile


C'era una volta Evelina, principessa e regina, viveva in una casa piccina piccina, con tappeti alle finestre e un portone sbarrato, dal quale potevano tutti entrare, ma sol pochi uscire.
Dai suoi lunghi capelli castani piovevano lacrime profumate di gelsomino, sul suo seno i draghi finalmente potevano dormire, ma soltanto il martedì.
Lei era sempre nervosa e soffiava incrociando gli occhi, la filastrocca dei balocchi sempre cantava:
- Cento per cento tutti i bambini al centro, centro in centro sei balocchi in un sol mucchio, e la cenere nel secchio!!-
Evelina, principessa e regina, era sola dalla sera alla mattina, ma al tramonto il principe Impossibile arrivava col suo nero destriero e la rapiva oltre l'Orizzonte.
Dovete dunque sapere che allora il Regno delle Ombre entrò in guerra contro la Federazione delle Lanterne e anche il principe Impossibile partì alla battaglia.
La notte si udivano rombi lontani e lampi di luce rischiaravano le facce delle case, la radio gracchiava:
- gzgz 1233 grzz 85943439 grzzz 123 -
- Lasciate stare il mio principe Impossibile! - piangeva Evelina verso la radio. Che muta, mai aveva rivolto una parola alla principessa e regina.
Allora il Generale della Gran Battaglia decise di sganciare la Bomba Amica e urlò alle truppe delle Lanterne:
- Cento per cento tutti i bambini al centro, centro in centro sei balocchi in un sol mucchio, e la cenere nel secchio!!-
Tutti i soldati correvano appiattiti come topi che fuggano da una casa in fiamme, il fumo saliva dal campo mescolato con anime e puzza di cherosene.
- Coordinate 45432!! Coordinate 45432!! Tenente Impossibile!! - gridava un caporale pazzo.
I sei balocchi giacevano inerti le divise macchiate di rosso vermiglio, come garofani pensati e mai sbocciati.
Mesto mesto il destriero del principe Impossibile s'avvicinò al secchio e annusò la cenere, poi andò verso il mucchio e annusò il principe Impossibile, leccò la sua mano e in cavallico nitrì:
- Andiiiamo a casa su, su, non tiii seiii fatto niiente bambiino miiio, andiiiiamo a casa. -
La mano del principe si mosse, prima con un piccolo scatto, poi afferrò la briglia. Il destriero si inginocchiò per farlo montare in sella, e dolcemente si avviò verso il ritorno.
Cosa c'è di là dell'Orizzonte nessuno lo sa, pochi lo dovrebbero sapere e uno solo l'ha saputo. Egli in un'alba bianca ha preso forma dalla bruma e avanzava, spaventando i corvi che mai avevano scorto qualcuno provenire da quella parte. Con passo malcerto portava per la briglia il suo fido destriero cercando la strada per la casa di Evelina, principessa e regina. Due contadini ignoranti lo scorsero di lontano e si fecero il segno della croce piangendo.
- Chiama Titta, il piccolino che corre con i talloni che gli toccano le orecchie. -
- Chiamalo, chiamalo il piccolo, che vada da madama Evelina a dirle di preparare una pentola d'acqua calda per lavare le offese, ago e filo per ricucire le ferite, il principe Impossibile sta tornando! -
Titta correva, correva e le lepri dovevano scansarsi e le rondini cabrare in alto a farsi belle solo dei loro volteggi. Correva Titta e sarebbe arrivato in tempo se il Generale della Gran Battaglia non avesse comperato giusto da tre giorni un Messensher calibro 45, che risucchiava l'aria e lasciava i piedi penzolare nel vuoto. L'ordigno, a volerlo provare, ci mancava appena una buona ragione e a vederlo correre, così tanto e senza motivo, il piccolo Titta certo gliene offriva una veloce veloce.
- Brawwwaammm -disse l'ordigno.
- Cento per cento tutti i bambini al centro, centro in centro sei balocchi in un sol mucchio, e la cenere nel secchio!!- disse il Generale della Gran Battaglia.
E ciao. Titta penzola là nel vuoto.
- Ah... metti la cenere nel secchio! - ordinò il generale al suo attendente.
Dopo due notti di pianto Evelina pensava che avrebbe pianto ancora una notte e poi si sarebbe data pace. Al risveglio sentì bussare al portone da cui ormai nessuno poteva entrare né uscire.
- Chi sarà mai? - pensò e chiese alla radio se avesse per caso saputo qualcosa ma quella, al solito, nulla rispose.
- Chi è che bussa?-
- Sono io. - rispose una voce.
- Io chi? Scusi. -
- Io, il tuo principe...
- Impossibile! - Rispose Evelina principessa e regina – Impossibile! -
- Sono io, aprimi!!- esclamò incredulo il principe Impossibile.
- Sì è impossibile, impossibile, impossibile...
Sbarrò la porta con mille chiavistelli d'oro, e ci mise a guardia cento per cento bambini, che fa mille se non li conto male, o forse sicuramente di più. Sbarrò la porta e mise a guardia contro l'impossibile due draghi rossi, ma solo il martedì.
Allora il principe Impossibile pianse tutte le lacrime che aveva, pianse per quattro giorni e notti e pianse per lui anche il destriero, finché non venne fuori uno dei bambini, da una piccola porticina laterale, a sgridarli che bagnavano lo zerbino e loro, i bambini, erano stufi di dover asciugare e pulire anche la pupu del cavallo, che poi non era neanche poca.
Il principe Impossibile, ormai tutti lo sapevano, girava sempre più al largo e sempre più triste, sperso cavalcò oltre l'Orizzonte e lasciò andare il suo destriero nella brughiera. Giunto che fu in riva al mare scrutò la luna sorgere dalle onde.
- Mi sento tanto solo – le disse.
- Non ti senti solo – gli rispose lei – ti senti abbandonato.
Mi manca il profumo dei suoi capelli... - e pianse.
Allora con un gesto compassionevole la luna sciolse il suoi lunghi capelli argentei sopra le onde del mare.
- Vieni, cammina sopra i miei capelli e sali quassù. -
- La strada è lunga – pensò il principe Impossibile – ma cos'ho da perdere? -
Un passo dopo l'altro continuava a salire, vedeva il mare blu della notte sotto di sé, sentiva il vento sul viso farsi sempre più gelido. Si strinse nel suo mantello, ripensò al suo destriero, l'avrebbe voluto con sé in quel momento, ma tornare indietro non si poteva.
Evelina, principessa e regina, sul tetto della sua casa piccina piccina scrutava il cielo con il canocchiale, alla ricerca degli alianti del Generale della Gran Battaglia. Per caso puntò sulla luna e dalla lente comparve il suo principe Impossibile.
- Impossibile! Impossibile! - gridò Evelina.
La luna che stringeva Impossibile tra le sue candide braccia, si girò di spalle e da quel giorno nessuno vide più il principe Impossibile.

domenica 18 settembre 2011

pantera vs seppia 1°round

     
    Una notte di luna, tanto tanto tempo fa, quando cielo e terra ancora si toccavano e le pantere erano solo maculate.
    Una pantera andando a caccia aveva allargato un po' troppo il giro, o forse per puro caso, era giunta al limite della giungla sulla riva del mare, sul quale si specchiava appunto una gigantesca luna.
    Pantera, sentendo quell'odore strano al quale non era abituato, decise di dirigersi verso la spiaggia, con lenti passi annusando diffidente la sabbia e le alghe secche. Saltò l'onda che arrivava sulla battigia, con un balzo sicuro e, senza sapere perchè, si mise a correre imprimendo chiare impronte sulla riva che subito il mare cancellava. Poi d'improvviso si fermò ad ascoltare.
    Udiva un richiamo, un lamento, o forse solo uno scherzo del vento sulle dune. Ma la voce si fece sempre più distinta, proveniva dall'acqua.
    Balzò indietro ringhiando, vedeva ondeggiare nell'acqua buia una creatura lunare. - Il mio corpo è bianco e molle, i miei lunghi tentacoli sono trascinati dalle onde, sono esausta perchè ho traversato l'Oceano e scampato mille pericoli, prendimi tra le tue zampe e mangiami. - - Non ho fame adesso - rispose pantera – sono capitato qua per caso ed ora voglio starmene un momento in pace ad ascoltare. -
    Allora la seppia smosse la sabbia e scomparve dicendo:
    - Io conosco le storie che il mare nasconde sotto la sabbia dei fondali. -
    - Di che storie parli? -
    - Di quelle che nessuno vorrebbe sentire... -
    - Del tipo? - aggiuse pantera sospettoso.
    - Tipo... c'era una volta pantera che aveva paura del buio, per quello preferiva stare arrampicato sugli alberi, per quello usciva dalla jungla di notte attirato dalla luce della luna...
    - Frottole! - esclamò il felino arrabbiato – che ne sa un mollusco di come si sentono le pantere! - e si chiuse in un indignato silenzio.
    - Dai non ti arrabbiare – tornò a dire la seppia – la stranezza è nel destino che ci ha fatto incontrare! Approfittiamo del caso per farci del bene. -
    - Che intendi dire? - chiese pantera ancora più sospettoso.
    - Forse passeranno cinquecento, mille anni prima che una pantera incontri di nuovo una seppia in riva al mare. -
    - E allora? -
    - Se ascolti un mio sogno io potrò fare una magia per te... -
    - Come? -
    - Sì, vedi, noi seppie passiamo molto tempo sotto la sabbia a sognare. Troppi sogni ci fanno dimenticare chi siamo e dove dobbiamo andare. Per questo mi hai trovato così vicino alla riva... Questi sogni possiamo dimenticarli solo se li raccontiamo a qualcuno. -
    - Ah... ho capito – disse pantera pensieroso.
    Pantera si sentiva affascinato dalla gentilezza della seppia e addolcito dal suono della risacca sulla sabbia.
    - Va be'- disse con curiosità appena celata - ti ascolterò.
    Passarono lunghi minuti la brezza soffiava, l'onda lambiva le zampe di pantera intento ad ascoltare le parole salire dall'acqua come schiuma profumata, l'eco dalla foresta era solo una vaga sensazione lontana. Il sogno narrato dalla seppia lo catturava, lo rapiva in altri sogni, ricordi e immagini, fantasie dolci, muti misteri senza uscita.
    - Quante emozoni, quanta vita si vive sognando - disse pantera incredulo.
    - La vita è l'unico vero sogno – rispose la seppia con una punta di rimpianto nella voce – ma ora dimmi: qual è il tuo desiderio? Io lo esaudirò.
    La pantera si alzò nervoso e cominciò a giare su se stesso.
    - Devo essere proprio impazzito – borbottò come se fosse solo – credo di parlare con una seppia e, quel che è peggio, credo che mi possa esaudire un desiderio.
    Poi rivolto verso l'acqua quasi ruggendo disse:
    - Vorrei non aver più paura del buio!! Ecco l'ho detto alla seppia! -
    - Sei sicuro che vuoi proprio questo? - disse l'acqua ribollendo.
    - Sì, certo, sì – rispose pantera.
    - Va be' – disse la seppia con degnazione – sappi allora che l'unico modo per non aver paura del buio e avelo detro di sé – aggiunse con fare misterioso.
    - E dunque? - la pantera diventava impaziente.
    - Ora immergiti nell'acqua completamente... vieni... vieni. -
    Il felino lentamente scese nell'acqua, quando quella gli arrivò al collo con un colpetto della testa s'immerse verso il fondale da cui sorgeva una nuvola densa d'inchiostro nero. Una voce calma rassicurò pantera:
    - Non avere paura, lasciati andare. Entra nella nuvola, immergiti completamente, lasciati compenetrare dall'inchiostro del buio.-
    Così fu. Pantera recuperò la riva che già i primi raggi dell'alba rischiaravano l'orizzonte. Si scrollò l'acqua di dosso e si diresse a balzi verso la jungla.
    - Aspetta! - Lo chiamò dal mare la seppia.
    Ma pantera non sentiva altro che uno strano presentimento e la voglia di correre. Si tuffò tra i cespugli e sparì nel verde. Presso uno stagno si specchiò riflesso nell'acqua, era nero, più nero di una nera notte senza luna. Alzò la testa e vide con orrore i raggi violetti del sole brillare tra le fronde.
    - Aspetta! – ripeteva ormai inutilmente la seppia – Chi non teme il buio avrà paura della luce! -