giovedì 6 ottobre 2011

Riccio Tempesta

"La volpe ne sa tante, il riccio una importante."
Archiloco
Vederlo arrivare così al tramonto, incerto giù per la discesa, sembrava quasi dovesse inciampare e rotolare da un momento all'altro. Certo nessuno avrebbe creduto al nome che portava, Riccio Tempesta.
La sua fama lo aveva preceduto e Volpe, preoccupato per ogni novità che poteva coinvolgerlo, si era appostato al limite del bosco dove la discesa erbosa conduce verso il Fiume Freddo. Aspettava già da un po' rimuginando su varie questioni che lo preoccupavano, prima di tutto cosa mangiare.
No, non certo la carne di riccio, filacciosa e maleodorante, non era poi così disperato.
Lasciò che Riccio Tempesta arrivasse vicino a lui, poi con un balzo uscì dall'ombra e gli sbarrò la strada con fare arrogante.
- Hei là, dove credi di andare, irsuto! -
Riccio Tempesta sollevò appena il capo, approfittò della pausa per darsi una grattatina alla pancia, in fondo adesso si sentiva più al sicuro, avendo davanti agli occhi il proprietario di quell'odore che aveva nelle narici già da un po', da quando aveva iniziato a scendere verso il fiume.
- Bella accoglienza signor Volpe –
- Che signor e signore! Non siamo più amici adesso?! - Esclamò Volpe, che già nel cervellino aveva mezza ideuzza.
- E dove vai di bello? - Continuò Volpe con fare più gentile.
- Io? Io scendo dai Prati, seguo il mio naso...- disse Riccio Tempesta.
- E, dimmi, non desideri qualcosa da mettere sotto i denti? -
- Sì... seguo il mio naso, lui non sbaglia mai... io lo seguo e prima o poi tac! Trovo qualcosa! -
- Adesso hai trovato me – disse Volpe - vorresti mangiarmi forse? Ah aha ah! -
Riccio Tempesta sollevò appena il capo, ne approfittò per darsi una grattatina alla testa, contemplava il muso sorridente di Volpe e davvero non riusciva a metterlo nel menù, però era certo che se il suo naso l'aveva portato lì, questo significava cibo.
Nel frattempo Volpe aveva dato libero sfogo all'immaginazione, serviva un piano, dove Riccio Tempesta era l'aiutante, se il suo nome valeva veramente qualcosa, doveva dimostrarlo.
Il più ardito dei piani piovve nella testa di Volpe mentre Riccio Tempesta pensieroso sollevò il naso al vento. Restarono là a guardare le foglie secche vorticare sull'acqua del fiume. Quando Volpe s'accorse che la luna calava dietro i rami, con uno sbadiglio si avviò lungo il sentiero che seguendo l'ansa arrivava al ponte di legno e da lì si dirigeva al pollaio.
- Che fai?! - disse Riccio Tempesta - se guadiamo arriveremo molto prima. -
- Scherzi?! La mia pelliccia non ha certo bisogno di lavaggi fuori stagione! -
- Be' io nuoterò, è più prudente, spesso sul ponte ci sono gli uomini. -
- Prudenza e diguno sempre fanno coppia lo sai? -
- Ci vediamo laggiù! - gridò Riccio Tempesta, che già nuotava veloce nella corrente tra una sponda e l'altra.
Al trotto leggero Volpe attraversava il ponticello di legno, l'ultimo raggio di luna colpì la sua pupilla e si riflesse negli occhi dell'uomo che stava alla finestra e guardava verso il ponte quella notte, non riuscendo a dormire.
Non appena Volpe arrivò presso il recinto del pollaio vi trovò già appostato Riccio Tempesta che con aria interrogativa lo guardava di sotto in su.
- Allora che si fa? -
- Vedi il recinto? E' a prova di volpe, ma non di riccio, tu ce la fai a passare tra le fessure. -
- Vado dentro e che faccio? -
- Niente, rubi le uova, le spingi fino al di qua del recinto. -
- Sì e tu che fai? -
- A parte che l'idea è stata mia, comunque io controllo che non arrivi nessuno... -
Al quinto uovo che si mangiavano ovviamente arrivò Cane abbaiando come un pazzo.
- Dai! Dai! Corri, non ti appallottolare se no non passi più tra le fessure! - disse Volpe e pensò “come avevo previsto ah ah ah”.
Quando Riccio Tempesta fu nei pressi del recinto non potè resistere alla paura e si trasformò in una palla di aculei. Cane lo azzannò, ma ne ricavò soltanto dolorosi buchi sul palato e un saporaccio in bocca che non avrebbe mai più dimenticato. Con un guaito e uno scrollone Cane scagliò quella palla di aculei nel cielo scuro della notte. Come una meteora Riccio Tempesta piombò con un tonfo nell'acqua del fiume.
Intanto Volpe, divorate le uova, si avviò sulla strada del ritorno, ma c'era un uomo e una trappola che aspettavano sopra il ponticello.
- Quando arriva la tempesta devi già essere al riparo. - disse Riccio Tempesta a Volpe, ma quello ormai non poteva più sentirlo.
Vederlo partire così all'alba, incerto su per la salita, sembrava quasi dovesse inciampare e rotolare da un momento all'altro. Certo nessuno avrebbe creduto al nome che portava, Riccio Tempesta.